Simone De Fraja

/Simone De Fraja
Simone De Fraja 2023-01-11T16:45:56+00:00

Simone De Fraja 

Biografia

Avvocato, saggista e studioso delle fortificazioni medioevali. Il suo interesse si è concentrato sulla storia del territorio della città di Arezzo, ove vive; esperto di castellologia con speciale riferimento alle fortificazioni locali nonché del Vicino Oriente in ordine alle quali ha tenuto interventi e conferenze, si è occupato altresì del pensiero neoclassico ed esoterico del secolo XVI con ricerche sull’argomento.

E’ membro di associazioni culturali cittadine e nazionali, socio fondatore della Società Storica Aretina, per le quali ha tenuto conferenze ed interventi televisivi. E’ Consigliere Scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli, collabora con il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e con il Quotidiano “La Nazione”. Come Avvocato, si occupa prevalentemente della materia penale specie e scienza dell’investigazione e di alcune aree di diritto civile. Collabora alla Scuola di Formazione Forense di Arezzo, di cui è stato promotore e co-fondatore (oggi Fondazione Forense COA). E’ stato docente per alcuni anni presso istituti scolastici superiori ed università private con contratti a progetto per l’insegnamento della storia e del diritto mediante corsi monografici. Promuove la sensibilizzazione al diritto penale nelle scuole in funzione del disvalore screscente derivante dai reati commessi già minorile. Per la Camera Penale di Arezzo, della quale è stato Presidente, ha avuto parte, unitamente a magistrati e parlamentari, nel Convegno “Delitto e Castigo” (maggio 2005) con la relazione “L’impronta di Caino” con P. Margara ed è promotore di numerosi incontri relativi ai Corsi per Difensori di Ufficio nonché relatore o moderatore in convegni a rilievo giuridico e criminologico come, di recente, per il Convegno “La prova scientifica” (con L. Garofano, V. Saltarelli e S. Matone), 2015. Per la camera penale ha promosso ed ospitato la presentazione del volume “Lettere Francesca” a cura di F. Scopelliti (2016) nonché “Anatomia del potere giudiziario” a cura di G. Guarnieri, G. Insolera, L. Zilletti (2017). Per la Fondazione Forense Arezzo ha partecipato come relatore al convegno “Reati fallimentari: prospettive e fase di indagine” (2011). Per l’Accademia Italiana delle Scienze Forensi è membro del Comitato Etico ed ha partecipato al II (2018) e III (2019) Congresso Nazionale in qualità di relatore.

Testi / Opere

1384 La presa della città

La città di Arezzo, sullo scorcio del Trecento, era segnata dalla politica degli Arciguelfi e dalla politica filofiorentina, forti correnti che trovavano scontri con frange di ghibellina memoria; forti divisioni, contrasti, anche economici, che si intese gestire manu militari, avvelenarono la città. Le sorti della città furono presto piegate da eventi che ebbero risvolti locali ma che, in realtà, appartenevano ad un quadro di scala internazionale. Settimo di una lunga dinastia, “uomoquanto valoroso, altrettanto modesto”, secondo la Cronica di Buonaccorso Pitti, Enguerran deCoucy fu un soldato professionista, capitano della propria armata, potente personaggio di Francia la cui fortificazione, a Coucy, vantava il donjon cilindrico più imponente di quel mondo tardomedievale, un esempio di gigantismo. L’intesa tra il Sire de Coucy e i Tarlati, ad un passo dal riprendersi il governo della città, sfociò con l’offerta di Arezzo alla vicina Siena per venticinquemila fiorini, tosto declinata per le pressioni di Firenze cui fu ceduta per quarantamila fiorini. Non fu certo Enguerran VII a determinare la débâcle di Arezzo, fisiologica ed inevitabile in quelle storiche sabbie mobili; egli fu solo l’ultimo capitano di ventura che intervenne nelle lotte tra Arciguelfi e Ghibellini, con un risultato che fu solo il prodotto dei tempi e della politica aretina. C’è forse, dunque, la necessità di un approccio più neutro ed oggettivo o comunque tale che non risulti segnato da alcun accento filofrancese, come nell’opera di P. Durrieu, La Prise d’Arezzo, ovvero segnato da campanilismo o revanscismo storico.

Siviglia, declinazioni del fortificare

Lo studio esamina le caratteristiche fortificatorie delle strutture ascrivibili alla fase musulmana e cristiana, realizzate ex novo o intervenendo su strutture precedenti, che hanno caratterizzato il territorio di Siviglia nel medioevo.  Le tipologie degli accorgimenti fortificatori, delle planimetrie adottate, delle torri realizzate, delle funzioni militari svolte, introducono il lettore alle “declinazioni del fortificare” nel territorio segnato dalle fortificazioni sorte lungo la Banda Morisca e Gallega. Le dinamiche dell’assedio di Siviglia da parte di Ferdinando III seguono lo studio delle difese cittadine esistenti alla metà del secolo XIII e lo studio di alcune fortificazioni del sivigliano.  Alla curiosità del lettore sono demandate le impressioni di viaggio in questo fazzoletto del Vicino Oriente, la terra di Siviglia, ove le ombre sono ancora lunghe come lo scorrere del tempo. Un ricco apparato fotografico correda la pubblicazione. ISBN: 978-88-6358-524-7 Pagine 104, Phasar Edizioni, 2019

Assedi e fortificazioni nella vicenda medievale aretina  

Il volume ripercorre le tappe della storia medievale aretina (secoli XIII-XIV) da un punto di vista innovativo rispetto a quello tradizionale. Le fonti, documentarie e cronachistiche, sono gli elementi fondamentali con cui analizzare gli eventi bellici e le politiche che hanno caratterizzato il controllo del territorio. Il rapporto tra documento e realtà topografica, l’interazione tra iconografia superstite e tracce materiali avvicinano il lettore ai fatti realmente accaduti, ma anche alla psicologia che li determinò. Pressione emotiva, tradimento e dileggio sono fra le componenti fondamentali per l’assalto e per l’assedio, con macchine ossidionali, delle fortificazioni, che vengono a loro volta analizzate in dettaglio. Giochi di potere si uniscono a considerazioni militari, esigenze pratiche, costruttive, tecniche e simboliche a stratagemmi e inganni, talvolta descritti da cronisti portatori di contrastanti punti di vista. La dettagliata analisi degli eventi bellici fornisce un quadro tutt’altro che di immobilismo, dopo la battaglia di Campaldino, così come invece tramandato da una storiografia ormai desueta. Impreziosisce il lavoro una riflessione iniziale di Aldo A. Settia. ISBN 978-8889754214. Pagine180, Società Storica Aretina, 2018

Le fortificazioni di Clemente V.Recupero ed evoluzione del costruire all’alba della guerra dei cent’anni

La monumentalità delle strutture palaziali, la prevalenza del carattere abitativo su quello militare in favore di un nuovo equilibrio tra la fortificazione di cui rimangono i forti caratteri ed il palazzo residenziale, di cui si introducono quasi sperimentalmente i primi elementi, rendono tuttavia queste fortificazioni della Guienna girondina un genere a se stante per il momento storico.  Possanza militare, funzionalità, simbolo e decorazione si fondono sempre più in un unico monumento per cui, avvertiva Leo Drouyn alla metà dell’Ottocento, «dobbiamo affrettarci, perché le rovine si stanno accumulando; il tempo distrugge e gli uomini doverosamente aiutano il tempo». “Lavoro utile, questo di Simone De Fraja, e interessante. Utile in quanto porta all’attenzione degli studiosi italiani alcuni castelli oggettivamente poco noti, ma di grande rilievo nel contesto delle sperimentazioni sfociate, nei secoli finali del medioevo, nella messa a punto di quei modelli formali che rappresentano, nell’immaginario collettivo, l’archetipo dell’edificio fortificato. Interessante perché l’analisi è condotta con rigore, senza mai perdere di vista, accanto all’illustrazione dei più generali fenomeni culturali e tecnici che condizionarono la pratica del costruire, la verifica sulle fonti materiali e su ciò che di autentico resta delle strutture prese in esame.” (Invito alla lettura di E. Lusso, Università degli Studi di Torino, Istituto Italiano dei Castelli).ISBN: 978-8863584226.Pagine 74, Phasar Edizioni, 2017

Nepi. Fortificazione e immagine

La Rocca, meglio conosciuta dai nepesini come “Forte dei Borgia”, è forse il monumento simbolo di Nepi. All’interno delle sue mura si condensano più di duemila anni di storia della città. Di un piccolo paese, di una modesta realtà o di un paesaggio, squallido quanto ameno, di una fortificazione integra o di un rudere, ciò che coinvolge è proprio ciò che non esiste più. Si instaura così una complicità tra individuo e natura in cui l’immagine del costruito appare un prodotto di forze naturali in cui si integrano e si fondono paesaggio ed individuo in una amalgama di colori e sentimento; fare e pensare, percepire e visualizzare; fortificazione, immagine e memoria in cerca di una risposta che solo una realtà incompleta può dare ad una propria domanda “o la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere”. Molto attenta l’analisi tecnica di quanto oggi rimane della rocca e, cosa nuova dato che i precedenti studi si erano limitati a trattare del complesso quattrocentesco, dell’area ad essa antistante, comprendente la fortificazione farnesiana. Chi conosce la storia locale e, in particolare, quanto già scritto sulla rocca di Nepi, potrà sicuramente trovarvi nuovi spunti di ricerca. In effetti, c’è ancora molto da raccontare sul castello e anche sulla città di Nepi. La ricerca storica procede per piccoli passi. Introduzione di S. Francocci (Direttore Civico Museo di Nepi) e Postfazione di A. Merlo (Università di Firenze). ISBN: 978-8863583496- Pagine 94, Phasar Edizioni, 2015

L’altra Istanbul. Viaggio e recupero immaginifico

“Le pagine grigie fermano istanti di Anatolia, esaltano le prime auto sul ponte di Galata e i minareti all’alba creano illusioni e giocano sostituzioni con il passato”

Se questa Istanbul in bianco e nero fosse una sposa, queste pagine sarebbero un’appassionante dichiarazione d’amore del suo narratore e i verbi, disseminati qua e là, in prima persona plurale, mal celano che non è il solo ad amarla; il pranzo, poi, nella catapecchia a picco sul Mar Nero nel borgo di pescatori, non lontano dal faro della “Quercia d’Anatolia”, ha il sapore di un pranzo di nozze, il più semplice e povero, il più bello.  Il primo incontro è un dipinto leggero e sfumato di nebbie, di bruma salmastra, presagio di un incontro che non può bastare.  La voglia di raccontarla nel suo intimo, anche calcando le orme dei viaggiatori ottocenteschi da De Amicis a Gautier, si scontra con il pudore di non volerla svelare: “L’Altra Istanbul” sussurra una città da visitare e rivisitare fino a perdersi per trovarsi.  Una gelosia amorosa la nasconde agli occhi estranei; la potrà gustare solo chi potrà amarla scoprendone vicoli, piazze, palazzi, chiese, mura, torri e moschee fino alle viscere, un profondo affastellato di cisterne, selve colonnate, chiaro scuri ed echi imperiali: acqua dolce o salata, da sempre sua forza, sua vita sua rinascita. ISBN: 978-88-6358-245-1.Pagine 70, Pahasr Edizioni, 2014

Fortificazioni medievali in Valmarecchia. Ricognizioni nel territorio di Badia Tedalda.

La zona di Badia Tedalda, in provincia di Arezzo, in passato è stata sede di numerosi insediamenti fortificati che per un certo periodo hanno gravitato intorno all’abbazia dei Tedaldi. Oggi restano soltanto tracce, ruderi di torri in posizione strategica, sia per quanto riguarda l’importante nodo viario presso cui sorgeva l’abbazia, sia per quanto riguarda i vicini territori dai fluidi confini, sempre in movimento nel corso dei secoli, anche con le limitrofe ‘potenze’ comunali. Il volume prende in esame tali fortificazioni, delle quali – oltre ad una storia generale e trasversale legata alla vallata del Marecchia e del Presale – sono fornite schede per la localizzazione, lo stato di conservazione e le vicende storiche. L’intento è quello di contribuire alla conservazione della memoria e della fruibilità delle fortificazioni in vista del potenziamento della coscienza storica e turistica di un importante angolo di Toscana. Introduzione di A. Fatucchi. ISBN 978-8889754122.Pagine 152,  Società Storica Aretina, 2013

Fortificazioni medioevali in Valcerfone. Indagine e censimento dei siti

Il volume prende in considerazione le strutture fortificate relative al periodo medioevale che sono state individuate, attraverso una capillare analisi del territorio e degli eventi storici, lungo la vallata e tutto il corso del Torrente Cerfone. La zona oggetto di indagine, corridoio di vitale importanza militare e economica, è stata scossa nel tempo da significativi sismi che, unitamente al degrado naturale e talora artificialmente accentuato, hanno contribuito alla rovina di torri, castelli e fortificazioni in genere di cui in molti casi si sono perse le tracce. Lo studio è un punto di partenza per il recupero della memoria storica e soprattutto materiale delle realtà fortificate della vallata che, diacronicamente nel corso del medioevo, hanno segnato la storia di queste zone, dalle sorgenti alla foce del Cerfone nel territorio di Città di Castello, sino al secolo XIV, quando le strutture, sorte per scopi, volontà e committenze diverse, sono entrate nell’orbita dei Tarlati ed utilizzati come avamposti per le conquiste delle terre ad oriente. Situazioni di frontiera ancora oggi segnate da confini amministrativi tra Toscana ed Umbria in rapporto all’impianto di fortificazioni, mulini e chiese in un territorio fortemente antropizzato, i cui toponimi talvolta richiamano realtà ben più antiche, hanno caratterizzato la vallata, le vicende politiche e i nuclei di potere ad essa legati. Numerose illustrazioni, analisi dei complementi difensivi, mappe, restituzioni grafiche ed un repertorio dei siti analizzati completano lo studio. Con una introduzione di A. A. Settia. ISBN: 978-8889754078- Pagine208, Società Storica Aretina, 2011.

FORTIFICAZIONI MEDIOEVALI NEL TERRITORIO DI PIEVE SANTO STEFANO

Repertorio e rilievo per la conservazione della memoria
Prefazione di Claudio Santori
Introduzione di Silvia Cipriani

100 pagine, numerose illustrazioni
Letizia Editore (Arezzo), 10,00 euro

Lo studio di Simone De Fraja analizza la presenza e l’entità delle strutture fortificate medioevali presenti nel territorio di Pieve Santo Stefano, naturale fulcro di direttrici viarie, ai piedi di significativi rilievi orografici che sfociavano in valli segnate da percorsi secondari e sentieri di raccordo per la fitta rete della microviabilità montana.
Nel corso dei secolo XIII e XVI, all’interno di giochi ed equilibri di potere, Pieve Santo Stefano concretizza la propria importanza attraverso fasi fortificatorie di cui evidenti rimangono le tracce nel tessuto urbano, sorto alla confluenza tra il Tevere e l’Ancione.
Il repertorio, corredato di numerose immagini, prende in considerazione le strutture ed gli insediamenti fortificati del territorio, talvolta ancora ben leggibili ed individuabili e, in altri casi, persistenti solo a livello di rudere od ancora solo a livello di toponimo attestante, spesso documentalmente o soltanto materialmente, la presenza di una fortificazione.
Nella prefazione, Claudio Santori precisa che “A parlare, insomma, non sono soltanto le pietre, ma anche tutte le testimonianze dell’intervento umano laddove, per esempio, si registrano cime di colli spianate artificialmente o si sottolinea l’abile sfruttamento delle caratteristiche orografiche del sito. Il tutto illuminato da precisi riferimenti agli eventi storici che hanno interessato i punti cruciali del territorio in esame: dal “cassero con torre fortissima” che controllava Pieve Santo Stefano nell’ambito delle fortificazioni concesse da Carlo IV agli Aretini, a quegli uomini di Caprese che nel 1323 giurarono “sponte” obbedienza al vescovo di Arezzo e “parteciparono alla presa della fortificazione di Rocca Cinghiata”.
Introducono infatti alla lettura la prefazione di Claudio Santori nonché un inquadramento storico, relativo ai poteri e consorterie locali, di Silvia Cipriani; quest’ultima prende in esame anche i territori a nord di Pieve Santo Stefano come quelli dell’Abbazia del Trivio i ruderi della cui fortificazione principale sono stati trattati ed esaminati dall’Autore. L’introduzione storica esamina inoltre come le principali Signorie della Valtiberina si siano radicate nel territorio dando vita alle sedi di gestione e controllo del territorio conservatesi sin’oggi, come la fortificazione di Montedoglio, Mignano, Schiantacappa, Rocca Cinghiata e molte altre ancora più conosciute.
La Tratos Cavi di Pieve Santo Stefano è stato il principale sponsor, mentre la Società Storica Aretina e la Brigata Amici dei Monumenti hanno fornito il patrocinio scientifico all’iniziativa.

La Dama Bianca di Poggio Catino

La vicenda della Dama Bianca di Poggio Catino riguarda un “cold case” di più di 500 anni fa, un femminicidio che secondo la leggenda sarebbe avvenuto nel basso medioevo nel caratteristico borgo della Sabina. La storia della donna murata viva in una segreta del castello ha avuto parecchio risalto negli anni, a partire dalla scoperta del suo scheletro nel 1933, ma è rimasta sempre avvolta in un alone di mistero e solo ora si è cercato di fare luce sul suo omicidio per la prima volta con metodi scientifici.  Gli autori di questo saggio, Marco Strano, Dirigente della Polizia di Stato in quiescenza e Simone De Fraja, Avvocato penalista ed esperto di fortificazioni, hanno svolto una approfondita indagine su questo intricato caso di omicidio con moderne tecniche investigative e i risultati ottenuti, descritti nel libro, sono affascinanti quanto sorprendenti. Il mistero della donna murata viva a Poggio Catino ha ora finalmente una soluzione.

Phasar Edizioni, 114 pagine, 2021

Chateau Gaillard 1204, anatomia di una grande operazione militare.

Prefazione di Jean Pierre Delumeau

Phasar Edizioni, 113 pp., ill., b/n. Euro 12,00

Lo studio si concentra sulla ricostruzione dell’impegnativo assedio da parte dei Francesi della fortificazione inglese lungo la Senna voluta da Riccardo Cuor di Leone, contro la pressione di Filippo Augusto, re di Francia.

Le fonti a disposizione permettono ripercorrere storia, luoghi e fatti antecedenti le grandi operazioni militari enormemente dispendiose per recuperare una delle postazioni fortificate costruita con tecniche innovative e conoscenze importate dalle terre dei primi Crociati, dalla Terrasanta, dall’Outremer: Château Gaillard, una delle fortificazioni più all’avanguardia tra quelle realizzate in Europa sullo scorcio del secolo XII, divenuta pericolosa spina nel fianco del re di Francia.

In appendice la trascrizione delle principali fonti indispensabili per la ricostruzione degli eventi d’assedio e delle tattiche utilizzate.

L’ introduzione di Jean Pierre Delumeau, storico medievista francese, allievo di Pierre Toubert, arricchisce il volume e inquadra per il lettore le questioni affrontate con semplicità e competenza.

Racconti d’Oltremare. Memorie di sabbia, vento e pietre.

Outremer, viaggiatori ed esploratori hanno riscoperto strade, hanno combattuto, ucciso e studiato; hanno disegnato templi e rovine, hanno bivaccato davanti ad un fuoco che proiettava le loro ombre lunghe tra i cammelli accovacciati in cerchio; hanno studiato e rilevato fortificazioni e ricalcato le orme delle Scritture comprendendo il vero prodotto delle Crociate, delle antiche popolazioni erranti e dei navigatori più esperti al servizio del commercio. Outremer, sono rimasti custoditi elementi storici e materiali con il loro fascino, immutati paesaggi nettamente diversi da quelli occidentali; popoli ed usanze che ancora resistono sotto il peso della sabbia e la mannaia delle guerre civili, sotto il peso di uno sfruttamento di massa che troppo presto si è dimenticato degli avventurieri che si sono impegnati a riportare in Occidente la prova concreta di un complesso sistema di fortificazioni, di antropizzazione e tradizioni; sistema che, sotto mutate spoglie, è entrato nella vita d’Occidente.

Queste esperienze di viaggio, ormai lontane nel tempo ed antecedenti la crisi araba, sono state felicemente ripercorse durante l’isolamento dovuto alla recente pandemia.

Un libro di memorie di viaggi di studio, di avventure nel vicino oriente, insomma, nell’ “Outremer” dei Crociati; esplorazioni dei ruderi delle fortificazioni medievali e della vita dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, oggetto di contesa sin dall’antichità: paesaggi particolari, intensi dove il tempo era segnato dai colori e dalle forme delle ombre, paesi oggi sfregiati dai conflitti armati e dalla violenza. Forse un mondo perduto raccontato con partecipazione, curiosità; un viaggio ricco di riferimenti storici e di suggerimenti, per uno studio più approfondito, perché tutti, anche il lettore attento, possano trovarvi nozioni particolari e perché ancora riescano, nonostante tutto, ad insegnare a chi riesce ad osservare per poi ascoltare, a volte, anche il silenzio tra sabbia, vento e pietre.

Phasar Edizioni, 2022.

ISBN: 978-88-6358-732-6, 154 pagine.

Morti grottesche di personaggi illustri nel medioevo.

Letizia Editore, Arezzo, 2022, pp. 126.

Potrebbe apparire come un divertissement od una raccolta di fabliaux, ma non ne ha il contenuto frivolo o giocoso che la dovrebbe contraddistinguere; questo studio, non è nemmeno un piccolo catalogo di aneddoti e curiosità sulle morti, o sulle modalità di exitus, di personaggi illustri nel medioevo.

Sono personaggi illustri che muoiono al pari di tutti gli altri, nella sfortuna, nella distrazione e nella malattia.

Più che un cabinet de curiosité, dove scienza e meraviglia vengono raccolte in un tentativo di classificazione abbacinando l’osservatore, le vicende riesumate, ed è il caso di dirlo, offrono un quadro delle vicende umane, più svariate, che conducono comunque al fine ultimo comune a tutti gli esseri viventi in cui grandi esistenze, alla fine, subiscono le sorti dello stesso mondo in cui vivono le esistenze di uomini misconosciuti, ricchi o potenti e poveri e meschini.

Dunque, questo étude de niche, per dargli un nome, non incarna nemmeno un “capriccio” o una idea stravagante o bizzarra.

«Non si esce vivi dalla vita. È una sentenza da cui non si può prescindere per vivere al meglio. L’ineluttabilità della fine ci fa inorridire, rendendo sgradevole la vita medesima. In realtà, la morte è una condizione che non solo va accettata ma andrebbe celebrata. Questo saggio che avete tra le mani è un modo per ridimensionare i problemi e riderci su, ricordandosi che a tutto c’è rimedio tranne che all’osso del collo, come scriveva Bacchelli nel suo più noto romanzo ‘Il mulino del Po’.

Simone De Fraja dà alle stampe un’opera geniale che mitiga in modo eccelso la paura e l’ilarità della morte.»

(Alessandro Meluzzi)

«Il terrore di una morte “insignificante” era quindi un pensiero costante nei Vichinghi, rimuginato per tutta la vita e probabilmente, durante i periodi di guerra, per diverse ore ogni giorno. E se una morte casuale, goffa e disonorevole dovesse però giungere?

Il libro di Simone De Fraja racconta diverse morti “ridicole”, avvenute in tempi passati. Morti impreviste e casuali, che provocano ilarità più che commiserazione, sorpresa più che orrore. Persone che ci si aspettava morissero in tutt’altro modo e che per circostanze avverse ci lasciano invece con delle dinamiche che schiaffeggiano la logica, la statistica e la legittima aspettativa degli spettatori. E la sensazione che si prova a leggere il suo arguto testo è piacevole e sedativa. Riuscire a ridere della morte ha decisamente un effetto ansiolitico».

(Marco Strano)

Premi / Riconoscimenti

«Assedi e fortificazioni», Società Storica Aretina, Primo Premio XXI Edizione Premio Saggistica“Tagete” 2019

Terzo premio Tagete 2022 per la saggistica edita con il libro “1384. La presa della città. Arezzo nelle mani di Enguerran de Coucy”.